Presentato al Cersaie di Bologna il progetto MATER CERAMICA
Il programma culturale di Cersaie 2017 (‘Costruire, abitare, pensare’) ha visto la presentazione del primo Centro per la Cultura Ceramica Italiana “Mater Ceramica” (dall’acronimo ‘Mappatura arte tecnologia e ricerca’), che ha lo scopo di approfondire la conoscenza del settore sotto tutti i punti di vista: industriale, artigianale e artistico.
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Il progetto, finanziato dal ministero dello Sviluppo Economico, è stato introdotto da Luciano Galassini, vicedirettore di Confindustria Ceramica, e illustrato da Fulvio Irace (docente di Storia dell’Architettura al Politecnico di Milano), Stefano Micelli (docente di Economia di impresa all’Università Ca’ Foscari di Venezia) e Vittorio Amedeo Sacco (esperto di ceramica). Intervenuti anche Claudia Casali, direttrice del Museo internazionale delle ceramiche di Faenza, Maria Chiara Bignozzi, direttrice del Centro ceramico di Bologna, Massimo Isola, presidente dell’Associazione Italiana Città della Ceramica e Maria Savigni (vicesindaco di Sassuolo).
Luciano Galassini ha ringraziato i soggetti coinvolti e ricordato le tre fasi in cui si articola il progetto (che durerà due anni): «Innanzitutto ricerca e raccolta di tutti dati delle aziende del settore per realizzare una mappatura nazionale; poi l’approfondimento delle prestazioni tecniche della ceramica e, infine, divulgazione dei dati tramite un portale, un atlante geo-storico e una guida turistica». Galassini ha sottolineato la valenza culturale e storica di questa iniziativa, volta a recuperare il sapere contenuto negli oggetti ceramici, «perché un popolo senza memoria è un popolo senza futuro».
Dopo la proiezione del video “Mater Ceramica” realizzato dalla regista Francesca Molteni, sulla storia degli utilizzi moderni della ceramica da Gio Ponti a Renzo Piano, è stata la volta dei tre studiosi. Il professor Irace ha toccato alcuni temi fondamentali, in particolare il rilancio dell’archivio aziendale: «Dobbiamo considerare il passato come una risorsa, è ciò che si può chiamare il ‘potere dell’archivio’. A fianco delle grandi istituzioni museali, come quella di Faenza, ci sono gli archivi d’impresa: un vero e proprio scrigno di memoria di saperi tecnici, costruttivi e familiari». Per Irace, quindi, la proiezione e la ricerca nel futuro non possono prescindere dal passato. Il tentativo è quello di «rappresentare in modo globale e unitario il sistema della memoria storica e produttiva».
Micelli, che si occupa dell’importanza dei saperi di matrice artigianale da un punto di vista economico, ha raccontato lo sviluppo delle manifatture: «Gli artigiani, con le loro mani, nel tempo non sono rimasti uomini del mestiere, ma sono diventati impresa, innovatori e sperimentatori dal punto di vista tecnologico e del design. In Italia l’artigianalità è sempre andata a braccetto con l’imprenditorialità». Micelli ha poi esposto i tre obiettivi che il suo apporto al progetto persegue: «Il primo è capire se ci sono casi di piccoli artigiani in grado di proporre il prodotto fuori dal loro territorio e proiettarsi su scala internazionale attraverso il commercio elettronico». Il secondo è turistico: «Oggi quando il turista visita un territorio o una città, sempre di più chiede una dimensione dell’autentico, e la trova nel lavoro. L’accesso alla cultura locale avviene attraverso questi lavori della tradizione, e quello che si sta cercando di fare è integrare il fare dentro una fruizione turistico-culturale avanzata. Vogliamo capire come ciò avviene nelle 37 città italiane che censiremo». Il terzo è quello del sostegno economico a questi piccoli produttori: «Vogliamo identificare nicchie di mercato particolarmente interessanti che potrebbero rappresentare uno sbocco: per esempio il merchandising museale o i regali aziendali. Quindi la possibilità di convogliare una parte di questa offerta all’interno di spazi distributivi e commerciali che oggi sono poco battuti».
L’architetto Sacco ha sottolineato come il cuore del progetto sia quello di valorizzare la storia, i territori e i personaggi. Ma non solo: «C’è anche un altro aspetto fondamentale ― ha spiegato ―: quello della ceramica industriale, il nostro fiore all’occhiello del Made in Italy». Come esperto del materiale ceramico ha poi illustrato tutti i capitoli dell’argomento ― ceramica nell’architettura, nel design, nell’artigianato e nell’arte ― mostrando le loro interconnessioni. «Se esaminiamo questi settori ― ha affermato ― ci accorgiamo che non hanno confini netti, anzi si intersecano fra loro». Insomma, non si può separare la ceramica industriale da tutti gli altri suoi aspetti, perché sono tutte applicazioni strettamente interconnesse.
Gli interventi di Claudia Casali, direttrice del Museo internazionale delle ceramiche di Faenza, di Maria Chiara Bignozzi, del Centro ceramico di Bologna, e di Massimo isola, della Associazione italiana Città della Ceramica hanno spiegato il coinvolgimento delle rispettive istituzioni nel progetto, con l’obiettivo finale di rafforzare la competitività della ceramica italiana consolidando la conoscenza della sua qualità.
Il vicesindaco di Sassuolo, Maria Savigni, infine, si è incentrato sul tema del rapporto fra produzione ceramica e territorio, in particolare facendo riferimento al progetto “Ceramicland”.